Legge 0-6: cosa prevede la riforma degli asili

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La delega

Il disegno di legge sullo 0-6, ovvero gli anni che vanno dalla nascita all’età giusta per iscriversi alla scuola elementare, è pronto da tempo. È stato scritto e limato su quella proposta di legge della senatrice Francesca Puglisi che già puntava a restringere il gap tra Meridione e alcune regioni del Nord Italia sul diritto ad avere un posto in un asilo nido. Se infatti al Sud ci sono regioni, come la Calabria, dove appena il 2% dei bambini riesce a frequentare il nido, pesando fortemente sulle possibilità di sbocco lavorativo delle madri, ce ne sono altre, come l’Emilia Romagna, dove si arriva al 29,4. Sempre troppo poco, visto che l’obiettivo europeo, a cui guarda il ddl, è quello di arrivare al 33%

I poli dell’infanzia

Anche se la gestione degli asili nido resterà comunale, farà capo al ministero dell’Istruzione, e quindi allo Stato. Lo scopo è quello di creare dei poli dell’infanzia, dove nidi e scuole materne siano affiancate, per permettere ai bambini un percorso unico di continuità, ed eventualmente abbinate a scuole primarie e secondarie. Non sarà solo un fatto organizzativo: i nidi diventeranno parte del sistema di educazione dell’infanzia, e lo Stato potrà quindi decidere anche sullo stanziamento di fondi per l’eventuale apertura di nuove strutture. Il sistema integrato di educazione e istruzione dovrà garantire la massima tutela dei bambini nella fase più delicata della loro crescita.

Laurea obbligatoria

Gli educatori dei nidi di infanzia di nuova nomina dovranno avere una laurea triennale in Scienze dell’educazione ad indirizzo specifico, continueranno ad avere come oggi la laurea quinquennale in Scienze della formazione primaria gli insegnanti di scuola dell’infanzia. Il requisito della laurea nei nidi d’infanzia non sarà retroattivo, per cui chi già lavora nei nidi senza possesso del titolo potrà continuare a farlo.

Formazione continua

Il decreto legislativo prevede che educatori ed insegnanti siano costantemente aggiornati con la formazione in servizio e supportati dal coordinatore pedagogico, come figura di riferimento per la progettazione educativa, didattica, la valutazione e il rapporto con le famiglie. Questa figura è particolarmente importante anche dal punto di vista psicologico, per evitare il burnout dei lavoratori, per garantire la sicurezza alle famiglie ed evitare gli angoscianti casi di maestre che hanno maltrattato i propri alunni.

Le spese

Il nuovo sistema formativo destinato agli alunni più piccoli verrà finanziato con un meccanismo che prevede l’Istituzione di un Fondo nazionale per cui la recente legge di bilancio ha messo a disposizione 300 milioni di euro, come cofinanziamento regionale, da erogare attraverso la programmazione e l’intesa con le Regioni direttamente ai Comuni. Infatti il Governo Renzi aveva già stanziato nelle legge di stabilità del 2014 100 milioni di euro alle Regioni, per estendere la rete di asili nido, ma quelle risorse sono rimaste alle Regioni, senza mai integrare i bilanci dei comuni per l’erogazione del servizio.

I nodi

Le insegnanti delle GAE e delle sezioni Primavera, che progressivamente sarebbero state stabilizzate dal decreto legislativo, contavano su questa riforma, che avrebbe gradualmente restituito anche ore di compresenza. Unico timore, la possibile perdita di identità pedagogica e didattica dei due segmenti, superato dalla esplicita previsione in legge di linee guida per lo 0-6 per la continuità educativa e della piena appartenenza del 3-6 alle indicazioni nazionali per la scuola del primo ciclo. Ma c’è un nuovo nodo che si profila: la bocciatura della Corte costituzionale che ha ritenuto illegittimo il comma della riforma della Buona Scuola nella parte in cui assegna allo Stato la funzione di definire gli standard qualitativi e organizzativi dei nidi d’ infanzia. Tutto da rifare? Puglisi lo esclude: «È uno dei primi problemi della mancata riforma del Titolo V. Ma bastano pochi correttivi al decreto legislativo. Era già previsto che la governance del sistema restasse comunque in mano a Regioni e Comuni. Non possiamo continuare ad avere un Paese attraversato da così profondi divari sociali ».